giovedì 27 settembre 2007

20 SETTEMBRE 2007 FROM TONEZZA TO ASIAGO



Giovedì 20 settembre ho fatto un altro viaggio sui siti della prima guerra mondiale e più precisamente in provincia di Vicenza, al sacrario di Tonezza Del Cimone.
Insieme al sacrario di Asiago, a quello del Pasubio ed a quello del Monte Grappa, questo si trova nel simbolo della provincia, una provincia ben martoriata dal conflitto bellico del 1915-1918.

Per arrivarci ho fatto la solita strada: l’autostrada Valdastico, uscendo all’ultima uscita: Piovene Rocchette. Da qua ho seguito le indicazioni del navigatore satellitare e pian piano mi sono avvicinato alla meta. Mentre ancora ero a valle in un bel paesino di nome Arsiero , ho notato sulla cima di un cocuzzolo, una punta di colore diverso dal verde circostante. Sembrava una guglia che usciva dal bosco ed ho pensato che quella avrebbe potuto esser la meta. Ed infatti così fu.


SULLA STRADA PER IL SACRARIO
(CLICCA L’IMMMAGINE PER VEDERE IL VIDEO)


Salendo sempre più su, per una rotabile montana (e passando anche un bel po’ di gallerie), ad un certo punto mi trovo davanti ad un dubbio: il navigatore dice di andare a destra ma un cartello stradale dice a sinistra. Che faccio? Dove vado? Di chi mi fido? Della tecnologia o della segnaletica? Ho deciso di spegnere il navigatore e di fidarmi del cartello. Ho fatto bene. Infatti non so dove il navigatore mi avrebbe portato, ma sicuramente non nella stessa meta seguendo un’altra direzione.
Per arrivare al sacrario si segue una strada asfaltata piena di tornanti che sale sempre più in alto, in mezzo ad un bosco molto verde, solo che… è chiaro che è un bosco giovane, un bosco artificiale, creato dall’uomo nel corso degli anni per re-inverdire i resti di un campo di battaglia.

Nel nel 1916 queste montagne che io salgo con la macchina (invece che a piedi e con uno zaino bello pesante, come i nostri antenati) erano il fronte. Una serie interminabili di trincee scavate nella roccia, che separavano i due eserciti, distanti un colpo di fucile. Una serie di buche e di gallerie che in realtà erano un muro, un muro da sfondare se si voleva avanzare. Ancora oggi, salendo, non si può far a meno di notare che il sottobosco non riesce a nascondere i resti, le ferite di quello che un tempo deve esser stato un autentico inferno in terra: resti di trincee, di camminamenti, di rifugi, di ricoveri e poi ancora buche, enormi buche che paiono piccole bocche di vulcani di tipo vesuviano, non create dagli elementi della natura ma dall’uomo e non con le vanghe ed i picconi ma con le bombe, tante bombe, tante esplosioni. Qui un tempo si sono consumate battaglie sanguinosissime, un po’ come quelle che si vedono in certi film (ad esempio Flags of our fathers) solo che non si trattava di film ma di realtà.

Gli eventi che portarono questo posto oggi calmo e tranquillo a divenir l’inferno che fu sono descritti bene in http://viaggi.ciao.it/Tonezza_del_Cimone__Opinione_551973 insieme ai motivi che portarono la cima di questo monte a cessare per sempre di esistere grazie ad un’immensa esplosione il 23 settembre 1916, alle 5 e 45



NON SOLO ITALIANI MORIRONO QUA

Comunque, dopo essere arrivato al parcheggio e posteggiato la macchina, ho percorso il sentiero per altri 10 minuti, fermandomi ad ammirare anche il monumento dedicato ai volontari della Carinzia lì morti (non dimentichiamo mai che fu il governo italiano a dichiarare la guerra e che le terre interessate erano dentro il confine dell’impero asburgico, ecco perché nel modo di pensare di quei ragazzi noi eravamo gli invasori e loro i difensori della patria) ed infine eccolo là: il sacrario di Tonezza Del Cimone, davanti ai miei occhi.




IL SACRARIO MILITARE DI TONEZZA DEL CIMONE

Si capisce subito che questo sacrario non è come gli altri (almeno non come quelli che ho visitato finora). Gli altri sacrari custodiscono i resti dei soldati noti dentro delle nicchie, recanti ognuna il nome del defunto e gli ignoti in nicchie più grandi, recanti il loro numero. Invece qua non c’è nessuna nicchia, nessun nome, nessun numero. Eppure i caduti ci sono. Sono sotto i miei piedi, sotto metri di terra e rocce. Un tempo qua era diverso. Un tempo c’era una vetta sopra la quale stavano i nostri soldati e sotto la quale gli austro-ungarici scavarono una lunga galleria (i cui resti sono visibili ancora oggi) che poi riempirono di esplosivo e che fecero saltare in aria. I soldati che si trovavano sopra, perirono con la vetta. Se si potesse scavare, forse qualche osso umani potrebbe esser ritrovato, perché secondo me quell’esplosione, non seppellì più di mille soldati: li polverizzò letteralmente.



PACE ALL’ANIMA LORO

Ho girato intorno al sacrario e l’ho filmato, naturalmente in silenzio, per rispettarne la sacralità. Ecco il video:



Poi siccome avevo portato il binocolo, ho dato un’occhiata sia alla Valdastico che all’orizzonte, sperando di vedere il mare, come sul Monte Grappa (Vedi questo sito in data 15 settembre 2007) ma purtroppo c’era foschia e non ho visto niente. Però, girando in tondo, ad un certo punto ho visto una costruzione che conoscevo: il sacrario di Asiago. Sì, sì, era proprio esso, senza ombra di dubbio. Piccolino, in lontananza ma l’arco quadrifronte del sacrario è inconfondibile. Non avevo con me la cartina stradale ma grazie a quel monumento una cosa l’avevo capita: il panorama che vedevo era quello dell’altipiano di Asiago, conosciuto anche come altipiano dei sette comuni che (nemmeno a farlo apposta) era proprio la tappa successiva del viaggio.

Lasciato il sacrario di Tonezza del Cimone, ho rifatto la rotabile dell’andata, sono sceso a valle, e salito per un’altra rotabile. Insomma, il tipo di strada che scoraggia i fans della bicicletta da città. Dopo una ventina di tornanti, eccomi sull’altipiano di Asiago o dei sette comuni. Arrivo ad Asiago e… BUUUM! Che succede? Succede che mi scoppia la gomma anteriore sinistra! Un vaso di fiori messo sul guard-rail probabilmente dai parenti di qualcuno lì morto per incidente stradale si stacca ed io ci passo sopra! Quando si dice la sfortuna!! Insomma, mi fermo (per forza!) e per la prima volta da quando l’ho comprata, cambio la ruota alla macchina. Tutto bene? No, perché sulla ruota di scorta c’è scritto chiaramente: non guidare a più di 80 Km orari. Sì, come no! Io devo tornare a Riccione (più di 300 Km, escludendo la rotabile del ritorno) in serata, figuriamoci se ce la farei! Insomma, chiedo dove si trova un gommista, lo trovo e quello mi dice di tornare un paio di ore dopo che ha già troppo lavoro. Vabbon, vuol dire che nell’attesa visiterò il sacrario militare.




IL SACRARIO (FOTO DEL 2005)

PARTICOLARE DEL PORTONE D’INGRESSO
MI RICORDA QUALCUNO… (FOTO DEL 2005)

Il sacrario militare di Asiago si vede benissimo da lontano (infatti col binocolo l’ho visto dalla cima de un monte non proprio vicino) non solo per la sua altezza ma anche per la sua forma ad arco quadrifronte. Era la seconda volta che ci venivo. La prima volta fu nel 2005. Tra caduti noti ed ignoti, austro-ungarici ed italiani conserva le spoglie di 54.286 soldati della prima guerra mondiale, più tre della seconda.
Insomma, un altro monumento alla stupidità militare. In silenzio (sempre per rispetto del luogo sacro), ho girato questi tre video:


ESTERNO ED INTERNO DEL SACRARIO


INTERNO DEL SACRARIO


IL MUSEO DEL SACRARIO

Avrei poi voluto salire sul terrazzo, ma…era chiuso!


ACCIDENTI!!!!

Sai che gioia: uno fa tanti chilometri e poi è chiuso! Inutile incazzarsi. Visto che non posso salire…ci giro intorno! Ecco qua i due video della camminata attorno al sacrario. Qua siccome sono all’aperto parlo e tanto. (staccate l’audio, se non volete sentir la mia voce. Nemmeno a me piace…).





Torno dal gommista dopo le due ore e…quello mi dice che NON ha una gomma compatibile! Grazie, eh? Dice che la legge italiana vieta due gomme di marca/modello diverso sullo stesso asse, quindi mi consiglia un altro gommista in un paese vicino, un comune di nome Gallio. Che devo fare? Niente: ci vado.
Durante l’andata noto il cartello indicatore del museo all’aperto del monte Zebio. So che fu un vastissimo caposaldo austro-ungarico che gli italiani non riuscirono mai a conquistare (nonostante i sanguinosissimi tentativi) e lo visitai nel 2005. E’ una serie di trincee ben conservate, con esaurienti cartelli indicatori. Nel 2005, mentre camminavo tra le trincee ed ammiravo il panorama da una feritoia per mitragliatrice, mi venne in mente quella tragica scena del film “Uomini contro” di Francesco Rosi, quella dove i soldati italiani avanzanti venivano falciati uno dopo l’altro dalla mitragliatrice e noi spettatori vediamo la scena dal punto di vista del mitragliere (la scena poi continua con i soldati austro-ungarici che implorano gli italiani di tornare indietro, di non morire così).In altre parole, la seguente scena:

UNA GRANDE SCENA DI UN GRANDE FILM

Questo film fu tratto dal libro “un anno sull’altipiano”, di Emilio Lussu, un reduce della prima guerra mondiale. L’altipiano era proprio questo: quello di Asiago. Magari le memorie di Lussu non riguardavano lo Zebio, ma mi piaceva pensarlo.
Comunque il tempo di tornare sullo Zebio non c’era. Se il gommista avesse fatto presto,magari al ritorno ci avrei fatto una capatina. Invece il gommista non fece presto (e meno male che lui una gomma dello stesso modello e marca ce l’aveva!!!) e così al ritorno, prima di lasciare l’altipiano, ho fatto in tempo a fare una passeggiata ad Asiago. Perché in fondo mi ero reso conto di una cosa: pur essendoci già stato due volte in passato, non ne avevo mai visto il centro. La prima volta, come ho già scritto, ho visitato il sacrario, e la seconda volta lo Zebio. Camminando per le vie del centro, ho visto un tipico paese turistico di montagna, e la presenza di alberghi mi diceva che è una meta popolare tra i turisti. Una volta avevo letto che durante il primo conflitto mondiale fu distrutta dal fuoco dell’artiglieria austro-ungarica. Beh, chi la vede adesso non se ne accorgerebbe mai.

Da Asiago parte la strada per arrivare sul monte Ortigara, un altro sito interessante. Sull’Ortigara si è svolta una delle battaglie più sanguinose del nostro esercito: oltre 25mila soldati morti in una settimana, una vetta conquistata e poi ripersa, un monte definito “il calvario degli alpini”. Chissà se riuscirò a visitarlo. Non credo che ce la farò entro quest’anno perché ormai le giornate si stanno accorciando e già comincia a far freschino in pianura, figuriamoci in montagna. Magari potrò tornarci in futuro ma non credo la prossima estate, perché tra tre mesi divento babbo ed avrò altre cose a cui pensare…
Insomma, erano ormai le 19:30, i negozi stavano chiudendo, il sole stava tramontando (purtroppo non siamo più in giugno) e quindi sono rimontato in macchina per tornare a casa.


SOUVENIR DI ASIAGO


Mentre tornavo, ho pensato ad una cosa: come ho scritto all’inizio di questo post, il simbolo della provincia di Vicenza raffigura i quattro sacrari qua edificati:


IL SIMBOLO DI VICENZA, SCARICATO DA WIKIPEDIA


Ora, grazie a questo viaggio, posso farne uno simile col Photoshop:


IL SIMBOLO DI VICENZA NELLA MIA VERSIONE.


Ps: le foto (non solo del 2007 ma anche alcune del 2005) sono come sempre su http://fotoalbum.marcoferri.eu

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