domenica 25 aprile 2010

Il venditore della Global Marketing (Una storia vera)

Prima di cominciare la descrizione logorroica (specialità nella quale posso competere con i migliori) di un'esperienza realmente vissuta, vorrei precisare che il termine "vu-cumprà" mi stà perecchio sui marroni (ebbene sì, oggi mi sento volgare. Chi è puro di cuore farà meglio a non leggere quanto segue, grazie) perchè lo trovo parecchio razzista. Anche il termine "venditori abusivi extracomunitari" non mi piace. Primo perchè di venditori abusivi ce ne sono anche tra italiani, spesso pure con negozi in carne ed ossa (sì...insomma...in mattoni e cemento. Maledetta pignoleria!), e poi perchè che caBIIIPzo significa "extracomunitari"? Tecnicamente anche i sanmarinesi, gli americani ed i giapponesi sono non facenti parte dell'Unione Europea e quindi classificabili come extracomunitari ma fin'ora non ho mai sentito di sanmarinesi-americani-giapponesi che si mettono a vendere chincaglieria per strada, anche se con la crisi in corso non è detto che non succederà.
Ed allora?
Allora per questo post ho deciso di creare un nuovo acronimo sperando che possa essere il più politicamente corretto possibile in modo che nessuno si offenda. E se qualcuno si offende lo stesso, pace: io meglio di così non so fare. Direi allora che una descrizione che possa mettermi al riparo da querele sia "Venditori Stradali Non Autorizzati" e dato che non mi và di riscrivere la stessa tiritera tutte le volte che ce ne sarà bisogno, scriverò invece V.S.N.A anzi VSNA che dover digitare tutte le volte anche i punti è una rottura di coBIIIIPni.

Ogni volta che vedo un VSNA, anzi, ogni tanto quando vedo un VSNA mi viene in mente che in passato anche io per una decina di giorni (od una settimana, vatti a ricordare adesso) ho fatto un lavoro per certi versi simile e per altri differenti.
Era il 1994, ero appena tornato a Londra da Tokyo -il primo mese della mia vita in Giappone- ed ero senza soldi, con un affitto da pagare ed una ragazza giapponese (non la mia moglie attuale), che non voleva vedermi ciondolare tutto il giorno. Come cameriere esperto avrei anche potuto trovare un lavoro subito ma alla tenera età di 25 anni mi ero messo in testa che "hei, amico, siamo a Londra, mica a Riccione: quà si può trovare qualsiasi tipo di lavoro e guadagnarci bene altro che servire a tavola, no?". Povero allocco!
Nella ricerca di un lavoro altamente remunerativo (ancora oggi mi vien da ridere) metto gli occhi su un annuncio pubblicato su un settimanale molto popolare all'epoca tra i giovani ricercatori di lavoro nella capitale inglese, tale TNT.
Siffatto annuncio dichiarava che cercavano sales managers (direttori delle vendite) per una ditta in espansione, lauti compensi e nessuna esperienza richiesta in quanto loro stessi avrebbero insegnato tutto. E sì che anche allora conoscevo certe tecniche illusorie ed avrei dovuto farmi venire dei dubbi. In effetti qualche dubbio mi venne. "Non sarà mica "-mi chiesi -"una di quelle ditte come la Amway che promettono mari & monti (e colline, e fiumi, e laghi) che poi alla fine devo convincere una barca di futuri ex-amici ad unirsi al gruppo che così poi aumentano le commissioni, le provvigioni e compagnia bella che sembra che alla fine starò tutto il giorno in casa a contare i soldi che pioveranno copiosi, così almeno dicono sempre ma alla prova dei fatti non ne ho mai conosciuto uno che veramente sia diventato ricco con questo sistema che loro stessi chiamano Mercato Multi Livello, eh?".
Insomma, tentar non nuoce, il tempo non mancava, altro da fare non avevo...finisce che telefono. Mi spiegano che han bisogno di direttori di vendita, direttori del personale, capireparto e poi mi chiedono a quale sono interessato. Gli faccio notare che io non so far nulla di tutto ciò e loro mi dicono di star tranquillo che ci pensano loro ad insegnarmi tutto dalla A alla Z. Il pomeriggio stesso mi presento all'indirizzo ricevuto telefonicamente.

A prima vista era la classica ditta con ingresso, due segretarie, salone luminoso, deposito merci ed ufficio del capo. Insieme a me ce ne erano altri ad aspettare. Ci fanno riempire i moduli e poi il direttore ci fà il colloquio tre alla volta. Quando sà che sono italiano mi dice che hanno un ufficio a Milano. Quando uno che era seduto con noi gli dice che ha 60 anni, lui risponde che hanno un dipendente della stessa età. Poi a me ed all'altro (non il sessantenne ma un altro ancora) dice di ri-presentarci l'indomani mattina per essere aggregati ad un capo-cellula che ci avrebbe spiegato il lavoro per filo e per segno, oltre a farci vedere in pratica come si sarebbe svolto. Si raccomandò pure di fargli parecchie domande e quindi ci congedò. Il sessantenne invece rimase in ufficio a parlare con il capo, ma non so cosa si siano detti. Non lo rividi più.

Fù così che il giorno dopo cominciai il training alla Global Marketing che rileggendo quanto scritto fin'ora mi sono accorto che ancora non avevo specificato il nome della ditta. Chissà se esiste ancora. Su google non l'ho trovata. Che abbia cambiato nome? Era mattina presto, il mega-direttore mi presentò colui che sarebbe dovuto diventare il mio capo-cellula (bella parola, fà tanto di organizzazione segreta) ed insieme abbiamo cominciato. L'abbigliamento era quello classico da venditore: giacca, cravatta e formalità. La differenza è che ci si porta dietro un paio (ma anche di più, a seconda della resistenza delle proprie spalle e quindi solo due nel mio caso) di borsoni grossi grossi pieni di prodotti da vendere.
All'inizio chiesi se per caso saremmo andati a venderli suonando a tutti i campanelli -ed in quel caso li avrei salutati seduta stante- ma lui disse che li si vendeva ai "business" ed io pensavo che questo avrebbe significato il proporli a ditte le quali a loro volta ce li avrebbero comprati all'ingrosso per venderli in giro. Invece scappa fuori che li avremmo venduti noi ai padroni e dipendenti di tutti i tipi di negozi che incontravamo.
La logica era che la gente che passeggia spesso non ha soldi, chi lavora dovrebbe averli ed in ogni caso non sarebbero scappati. Con il capo-cellula quel giorno ho scarpinato in una zona di Londra che non conoscevo ed il cui nome ancora oggi non ricordo. Lui senza problemi e senza vergogna entrava tranquillo in tutti i negozi ed in tutte le attività che incontrava sul suo cammino. Pubs, supermercati, officine, fruttivendoli, macellai, agenzie viaggio, pompe funebri (sì, anche quelle), non ne saltava nessuno. Ed io dietro a guardare, chiedendomi chi glielo faceva fare. C'erano anche persone che ci cacciavano via in malo modo, con arroganza, insulti ed anche con minaccie, ma lui tranquillo ed imperterrito continuava a camminare, cercare e trovare ulteriori negozi.

Durante la pausa-pranzo in un ristorantino di poche pretese, cominciò a spiegarmi come funzionava il tutto e perchè lui, che in passato era muratore, aveva rifiutato un lavoro a tempo indeterminato e molto ben retribuito per fare il venditore stradale.
I prodotti, diciamoci la verità, erano cazzate inutili, di quelle che le trovi dovunque se proprio ti viene il bisogno di averli, di sicuro non vendevano rarità. Nel caso del primo giorno si trattava di una radio-torcia di plastica, bicolore, a batteria che in fondo in fondo era un giocattolo per bambini e di un'imitazione spudorata di un coltellino svizzero.
Il prezzo della prima "ciofeca" era di 5 sterline (guasi 15mila lire dell'epoca, cioè del 1994), quello della seconda pataccata era di due sterline.
Come ci si guadagnava la pagnotta in quel modo? Ogni prodotto della Golbal Marketing aveva vari prezzi: il prezzo base, il prezzo del distributore, quello dell'ufficio, quello del venditore ed infine quello del cliente.Ora non so quanto la Radio-torcia fosse costata in partenza ma so che i VSNA la ricevevano a 4 sterline l'una e poi la vendevano ad un prezzo deciso da loro stessi, di solito 5 sterline. Questa differenza di una sterlina era appunto il guadagno dei VSNA. Naturalmente l'ufficio che ci vendeva le radio-torce a 4 sterline, le aveva pagate solo 3 e così via.
I venditori non dovevano sganciare al momento del ritiro delle merci ma alla fine, dopo averle vendute. Ergo, se si prendevano 50 radio-sveglie (che occupavano un certo spazio) e poi se ne restituivano 40, significava che se ne erano vendute 10 e quindi si doveva pagare 40 pounds(1) a loro. Se si era stati fessi e non si aveva venduto la merce a 5 quids(2) l'una, si rimaneva a tasche vuote. In caso contrario, invece si tornava a casa con un deca in più.
Secondo il calcolo delle probabilità, per potere vendere circa 40 prodotti, occorreva proporli ad almeno 300 persone, quindi 260 nò per ottenere 40 sì. Come diceva uno slogan dell'azienda "Più nò si ricevono, più si avvicina il sì!". Ecco perché era importante scarpinare, scarpinare e poi ancora scarpinare.Il sistema che reggeva il tutto, non si basava naturalmente sulle commissioni (altrimenti nessuno avrebbe abboccato. Chi è che si fa venire le vesciche ai piedi per 20, 30 sterline quando può guadagnare altrettanto se non di più come cameriere, e solo con le mance?) ma sulle possibilità che si sarebbero aperte in futuro.

All'inizio tuttissimi-tutti cominciavano dalla gavetta, consumando le suole per le strade di Londra (e garantisco che sono un numero spropositato) vendendo, imparando, migliorando, guadagnando e vendendo. Se dopo un po' si arriva a guadagnare un certo numero di sterline oppure si dimostrava che si stava migliorando aumentando in maniera progressiva l'incasso giornaliero, si passava di grado e si diventava istruttori, in altre parole si continuava a camminare per le strade come prima ma con la differenza che lo si faceva insieme ad un apprendista sicuramente già istruito da altri.
Poi si passava ad un livello successivo e si diventava capo-cellula dovendo oltre alle solite camminate per vendere, organizzare un gruppo, motivarlo, aiutarlo a crescere, sostenendone i componenti nei momenti di sconforto, suggerendo nuove strategie, dando consigli e tenendo una contabilità degli incassi quotidiani, settimanali e mensili.
Fino a quel momento ci si sarebbe sempre mantenuti con le commissioni, niente stipendi da parte della ditta. Da quel momento in poi la ditta avrebbe autorizzato il capo-cellula ad aprire il proprio ufficio, ed era a quel punto che si sarebbe cominciato a guadagnare in maniera consistente. (Tra parentesi -prima di continuare- devo aggiungere che il permesso di aprire il proprio ufficio arrivava SOLO se si dimostrava di possedere 5mila sterline. Secondo loro, era il minimo necessario per finanziare un nuovo ufficio. No, dico, non so se mi spiego: nemmeno un aiuto finanziario per mettersi in proprio si riceveva! E sì che ogni nuovo ufficio aperto era un incremento del guadagno....).
Naturalmente il capo-ufficio che vedeva un suo capocellula mettersi in proprio portandosi via tutto il suo gruppo non piangeva, sia perchè tanto li avrebbe sostituiti tutti assumendo nuovo staff, sia perchè avrebbe ricevuto dalla casa madre il 4% di tutto il fatturato ottenuto da quel giorno in poi da tutti gli ex dipendenti ora in proprio.
Se la matematica non è un opinione, possiamo capire che:-se ogni venditore guadagnava 10 sterline al giorno-se ogni capo-ufficio ne guadagnava altrettante da ogni venditore-se ogni capo-ufficio aveva nella sua scuderia 10 venditorine consegue che un capo-ufficio ogni giorno si metteva in tasca 100 sterline, senza dover farsi male alle gambe per le streets of London. Ma dato che la media di sterline guadagnate da ogni venditore oscillava tra le 25 e le 35 sterline giornaliere -c'era chi ne guadagnava di più e chi di meno- e dato che in quell'ufficio eravamo una sessantina..... Ecco quindi perchè tutti (incluso il mio capo-cellula che, come ho già scritto, aveva rinunciato ad un lavoro molto ben remunerato) erano felici di fare i VSNA o forse in questo caso doveri scrivere “gli ambulanti”, dato che il tutto era legale!

Il primo giorno ero arrivato all'ora stabilita dalla segretaria quando telefonai per chiedere informazioni sul lavoro e tutta la banda era già uscita per vendere, vendere e poi ancora vendere.
Il secondo giorno invece arrivai alla stessa ora di tutti. L'atmosfera era paradisiaca: tutti amici, tutti a raccontarsi aneddoti, scherzi, esperienze di vendita, tutti a bere il caffè della macchinetta ed a chiacchierare insieme, senza razzismi, sessismi o pregiudizi. Bianchi, neri, asiatici, scheletrici, sovrappeso, uomini, donne, giovani, anziani...sembrava di essere un'immensa famiglia felice.
E poi c’erano le lavagne sparse nello stanzone attorno alle quali si formavano piccoli gruppi spontanei che ascoltavano le istruzioni di un capo-cellula. In quelle riunioni si veniva istruiti sulle 5 e sulle 7 regole d'oro. Adesso non le ricordo tutte, ma penso che siano le stesse che si possono leggere in tutti i manuali che promettono miracoli per chi vuole imparare le tecniche di vendita.

Tra le regole che ricordo, c'erano:

-Mantenere il contatto visivo diretto con i clienti,ossia parlargli guardandoli negli occhi.-Sorridere sempre (ma sempre-sempre, eh?)
-Invece di tenere in mano il prodotto durante la presentazione del medesimo, metterlo nelle mani dei potenziali clienti affinchè in questo modo li si sarebbe convinti meglio, dato che potendolo toccare, accarezzare, soppesare, annusare, frugare e provare, avrebbero capito che era roba buona (mi ri-vien da ridere!)
-Dopo aver venduto il primo prodotto (od almeno averci provato), proporre il secondo, che deve essere quello dei due che costa meno
-"Work your area" (che vuol dire "lavora la tua area") ossia non lasciarsi sfuggire nemmeno un negozio. Anche se sembra lontano da dove si è, anche se sembra sull'orlo del fallimento. Ciò perchè non si può mai indovinare prima quale siano i negozi dove ci sono dei compratori, e magari proprio in quel negozio che abbiamo scartato perchè ci sembrava povero o troppo lontano avremmo potuto vendere un prodotto.
-Mantenere l'entusiasmo alto, anche nei momenti di sconforto, ossia dopo ore ed ore di scarpinamento senza aver venduto un singolo prodotto ed avere in compenso ricevuto l'ennesima cacciata in modo rude.

Tra le altre cose che si imparavano attorno alle lavagne, c'erano le tecniche per gestire i rifiuti. Se per esempio ci si sentiva dire che quell'oggetto non serviva al potenziale compratore, si doveva proporglielo come regalo da fare a qualcuno, magari ad un bambino.
Se il potenziale acquirente diceva che già un altro venditore era venuto una mezz'ora prima (non c'erano regole di assegnazione delle zone: erano i venditori stessi a decidere di volta in volta dove andare ed era normale che alcuni si ritrovavano nelle stesse aree), gli si doveva chiedere se avevano comprato qualcosa ed in caso contrario suggerirgli che in quel momento gli veniva offerta una seconda occasione.
Solamente se un negoziante indicava la porta con un "Out!" ("Fuori!") allora non si doveva insistere e si doveva uscire per andare al negozio successivo.
Dato che le ore utili erano solo otto (poi i negozi chiudevano) e che tra un negozio e l'altro spesso c'erano dei minuti da camminare, per potere arrivare a 300 proposte (in modo da vendere 40 pezzi) non bisognava perdere tempo con persone che si impuntavano ed anzi lasciarle subito perdere in modo da utilizzare i minuti risparmiati per ulteriori negozi.

Cominciava poi la galvanizzazione (che loro chiamavano "Impact") che sembrava un piccolo show, con i vari capi-cellule che battevano le mani in un ritmico incalzare e poi cori da stadio organizzati:

loro: "Volete un impact?"
Noi in coro "Siiiii!"
Loro (ancora): "VOLETE UN IMPACT???"
E noi: "SIII!!! Vogliamo un impact!! VOGLIAMO UN IMPACT!!! (ruotando i pugni a frullatore dal basso verso l'alto) OOOOHHHH! FACCI UN IMPACT -e qui dicevamo il nome dell'oratore- SIAMO PRONTI!!! LUCI!!! MOTORE!!! AZIONE!!! " (gesto delle due mani che fanno un Ciak da cinema e loro cominciavano l'impact).

Ricordo un capo-cellula che si muoveva e parlava come un rapper, facendo un mega-discorso sulla possibilità incredibile che ci veniva offerta, su come partendo da zero (si riferiva al totale della somma dei soldi che avevamo in tasca in quel momento?) presto saremmo diventati dei numeri uno, ricchi da far schifo. Naturalmente non mancava nessuno di puntualizzare che la manna non sarebbe piovuta dal cielo, che ce la saremmo dovuta guadagnare col sudore della fronte ma che se ci fossimo impegnati davvero, prima o poi avremmo smesso di scarpinare ed avremmo avuto anche noi il nostro ufficio.
Un ragazzo australiano che si vantava di aver lasciato la sua ragazza con la quale stava progettando il matrimonio perché lei non voleva che lui facesse quel lavoro, ad un impact successivo (forse uno o due giorni dopo) ci fece un mega-discorsone allegorico, raccontandoci la parabole dei due costruttori edili che avevano fretta di edificare due palazzi per venderli ma uno dei due aveva fretta, troppa fretta e decise di scavare le fondamenta solo per dieci piani e di proceder quindi con l'edificazione per poter cominciare a vendere gli appartamenti il prima possibile. L'altro costruttore invece aveva deciso di continuare a scavare le fondamenta in previsione di un boom delle vendite che si sarebbe avverato in futuro e mentre il primo rivale lo prendeva in giro perchè lui cominciava ad incassare ed il secondo no, il secondo incurante di tutto continuava a scavare. Poi un giorno anche il secondo decide di cominciare ad edificare ed a vendere e qua successe che il primo si trovò a non poter più costruire (e guadagnare) ulteriormente, mentre il secondo -ora che l'affare era in pieno boom- finalmente poteva prendersi le sue vendette ed oltrepassare il primo per la mole di lavoro e di profitti.Insomma una mega-parabola il cui succo era "Lavorate, faticate, scarpinate, subìte ma soprattutto imparate, imparate e poi ancora imparate, che più imparate e più guadagnerete quando sarà la vostra volta di essere quà al posto mio".
Da notare che colui che ci illustrò questa parabola (ed il verbo "illustrare" è quanto mai indicato dato che si avvaleva di una lavagna mostrarci gli esempi) non era ancora un capo guadagnante.

Insomma, alla fine dell'impact si era tutti belli carichi, si andava al magazzino, si ricevevano dei borsoni belli strapieni di prodotti, si firmava la ricevuta e via ad invadere Londra con le ciofeche inutili.
Naturalmente a noi novizi non ci avrebbero mai mandato allo sbaraglio senza un po' di allenamento insieme agli esperti.Il primo giorno come ho già scritto, ho seguito il mio capo-cellula per rendermi conto di come fosse il lavoro. Alla fine della giornata il capo dell'ufficio mi volle parlare, per chiedermi cosa pensavo del business e se mi interessava. Alla fine di mi chiese un motivo per cui lui avrebbe dovuto assumermi. Io non so perchè, ma intuii subito non la risposta giusta ma quella che lui voleva sentirsi dire, ossia che se mi avesse dato la possibilità, io avrei fatto del mio meglio, anzi di più per aver successo. Firmai il contratto di assunzione.

Il primo giorno da assunto-che-deve-imparare venni aggregato ad un venditore veterano, uno di quelli che (almeno così sosteneva lui) sarebbe stato promosso a capo-cellula di lì a qualche tempo almeno giudicando in base ai suoi guadagni quotidiani.
Insieme a noi c'era anche un ragazzino che aveva risposto all'annuncio sul TNT perchè cercava un lavoro per guadagnare qualche soldo durante le vacanze estive (era studente). Durante la pausa pranzo il veterano gli suggerì in maniera implicita di abbandonare la scuola e di dedicarsi esclusivamente a quel lavoro che lo avrebbe arricchito in una maniera che nessun college avrebbe mai potuto. Ripensandoci ora dopo tanti anni, non so se è una bella cosa, suggerire certe cose a dei ragazzini.
Ricordo la zona che "battemmo": Hackney, un sobborgo di Londra abitato in prevalenza da turchi, almeno a giudicare dal numero delle kebab-houses che ci vedevo. Dopo un po' di tempo andai ad abitare proprio lì vicino e mi tornarono in mente i posti in cui scarpinai quel giorno. Non ricordo quanto vendemmo, nè che paccottiglia cercammo di rifilare.
La sera, al ritorno, rimasi sorpreso da alcuni ragazzi che agitavano un campanaccio di quelli che nei vecchi films neo-realisti di Rossellini o di Visconti si vedono sempre in mano ai bidelli che li usano al cambio dell'ora (e ricordo che ce ne era uno uguale anche nella mia vecchia scuola media ed i bidelli lo usavano quando mancava la corrente). Mi spiegarono che il suonare il campanaccio era un privilegio concesso solo a coloro che durante la giornata erano riusciti a battere quota 40 sterline di guadagno. Una bella scampanata e tutti gli altri erano in fila per congratularsi e stringer le mani ai loro "eroi per un minuto".
Una di quelle sere, non ricordo quale, mi venne presentato un ragazzo di Ravenna, un veterano, uno che ce l'aveva fatta, che non solo era capo-cellula ma che entro un paio di mesi avrebbe aperto il suo ufficio nella zona di Wimbledon, fatto questo che lo rendeva ammirato ed invidiato da tutti noi neo-fiti. Anche lui naturalmente ci raccontò dei suoi inizi da principiante assoluto senza arte nè parte ma con una gran voglia di imparare e di farcela, senza lasciarsi demoralizzare.
Poi lui mi presentò un ragazzo inglese dicendomi che il primo giorno in giro da solo guadagnò più di 120 sterline, il secondo più di 130 ed il terzo venne promosso! Allora naturalmente chiesi lumi a questo fuoriclasse il quale mi disse che non c'erano segreti: si doveva andare, fare e divertirsi.

Il secondo giorno fui aggregato all'australiano di cui ho già scritto, quello del discorso sulle fondamenta. Anche lui era bello carico. Quel giorno forse avrei dovuto esser più carico io in quanto vendetti più di lui. Mentre lui faceva un lato della strada, io mi occupavo dei negozi sull'altro.Capitai in un piccolo bar gestito da immigrati italiani che rifiutarono le radio torce in quanto ne avevano già una (e me la mostrarono). In compenso i loro clienti forse mi presero in simpatia e comprarono parecchio. Il mio collega (non vedendomi uscire) venne a vedere se stavo bene e fu sorpreso della scena.
Durante la giornata mi beccai pure una sgridata perchè non avevo seguito il comandamento "Work Your Area". Lui mi raggiunse dopo alcuni minuti che non lo vedevo dicendomi che mi aveva visto saltare un negozio, negozio nel quale poi era entrato lui, vendendo due prodotti ed ordinandomi di stare attento in futuro perchè rischiavo di non guadagnare.
A metà giornata facemmo i conti del venduto e disse che lo stavo battendo!

Il terzo giorno fui aggregato a due venditori, due ragazzi giovani uno dei quali neo-laureato in economia che sosteneva che questo tipo di compagnia era il futuro. Questi due ragazzi erano molto entusiasti e convinti di farcela.
Con noi c'era una signora nuova la quale però a metà strada disse che non ce la faceva più in quanto non avendo saputo che avrebbe dovuto scarpinare, non indossò scarpe comode. Fu lasciata andare.
Di quella giornata ricordo un negozio in zona Tulse Hill, vicino a Brixton dove la mia fede cominciò a vacillare. Era un negozio di articoli per idraulici, io entro come da manuale ma la padrona mi spinse fuori con una certa violenza. Poi, in strada, si incazzò e mi chiese perchè cavolo ero tornato dato che mi aveva appena detto che non avrebbe comprato nulla. Io capisco che mi stava confondendo con uno degli altri due ragazzi e le disse che si stava sbagliando, ma lei non volle sentire ragioni: ero io e basta! A quel punto avrei dovuto mandarla affanculo, meglio se in italiano, ed andarmene ma invece cercai di farle capire che si sbagliava. Lei, senza dire nulla entrò con una certa fretta nel suo negozio ed io -forse intuendo qualcosa, non ricordo- decisi di allontanarmi. E feci bene: quando fui ad una certa distanza ed al lato opposto della strada, vidi che la stregaccia stava uscendo dal suo negozio brandendo un oggetto che mi sembrava una mazza da baseball od un tubo di metallo. Di sicuro, se fossi restato, me ne avrebbe date tante ma tante! Ma quella fu l'esperienza peggiore. Negli altri casi negativi i negozianti si limitavano a dirmi di uscire e basta (anche se uno mi minacciò di menarmi perchè insistevo. Ma io insistevo perchè non avevo capito che mi aveva detto di non essere interessato a comprare nulla. Credevo che mi avesse detto di non essere interessato solo al primo prodotto ed io -come da manuale- ero passato al secondo).
La sera poi di ritorno alla sede, il mio capo-cellula chiese ad uno di quei due ragazzi se secondo lui io ero pronto a camminare con le mie gambe e lui rispose che lo ero, assolutamente.

E fu così che arrivò il giorno del battesimo del fuoco. La mattina mi presentai come al solito, assistetti all'impact come sempre, ma con la differenza che questa volta venni unito ad un gruppetto di altri esordienti ai quali un veterano riassunse su una lavagna i vari tipi di rifiuto possibili e quali reazioni avremmo dovuto assumere.
Poi il capo-cellula mi consegnò un foglio elencante alcuni consigli da seguire, tra i quali ricordo il non lasciarsi prendere dallo sconforto, il non rompersi la schiena con i borsoni ma di chiedere ad un negoziante il permesso di lasciarlo per un po' nel suo negozio (strano che nessuno temesse la paura di attentati. E sì che anche allora ne succedevano a Londra, grazie all'I.R.A.), e poi a metà mattinata avrei dovuto telefonare al capo-ufficio per consultarmi con lui.

Bon, ormai il dado è tratto, si avvicina l'ora della partenza, saluto tutti, prendo i miei due borsoni (contenenti degli album con illustrazioni da colorare raccolti in confezioni di plastica a foggia di valigetta con inclusi dei colori a spirito -fra l'altro fu in quell'occasione che imparai che "colori a spirito" in inglese si dice "crayons". L'altro prodotto non me lo ricordo), firmo la ricevuta, saluto tutti e via, partenza verso una zona che conoscevo: Archway.
Questa zona la conoscevo in quanto ci avevo abitato in precedenza. Sapevo che nella Holloway Road (uno stradone che passa di là) c'erano tantissimi negozi, ma una volta arrivato, forse per timidezza, forse perchè pensavo che magari tutti andavano a procacciarsi i clienti sulla Holloway Road trascurando tanti vialetti adiacenti, imbroccai qualche via a caso e provai a cominciare.

Un paio di negozi ai quali corrisposero altrettanti rifiuti e...decisi di mollare tutto!

Diciamoci la verità: chi volevo prendere in giro? Quello era un lavoro per svolgere il quale occorre possedere determinate doti, nessuna delle quali sentivo di avere. Certo, fino a quando scarpinavo aggregato a qualcuno, era un conto. Potevo scambiare due chiacchiere, potevo farmi consolare nei momenti di sconforto, potevo chiedere qualche consiglio...ma da solo?
E poi non c'era solo il problema della timidezza, problema attenuabile se spalleggiato da qualcuno, no...c'era anche il problema della permalosità. Per fare bene l’ambulante bisogna non prendersela quando si viene rifiutati, bisogna non dare peso agli insulti, bisogna insomma avere un atteggiamento diverso dal mio all'epoca (e forse anche adesso).
Alla fine ho telefonato con largo anticipo il capo-ufficio comunicandogli la mia decisione di licenziarmi. Lui mi disse di tornare in ufficio che ne avremmo discusso e così feci. Lì per lì inventai di sana pianta una scusa (scusa che non trascrivo perchè coinvolgeva una persona assolutamente estranea ai fatti -azione di cui successivamente mi pentii, anche se la persona coinvolta non lo venne mai a sapere) perchè ero così vigliacco da non aver il coraggio di dire la verità, ossia che non mi piaceva farmi umiliare dai rifiuti dei negozianti, che non mi piaceva dover sorridere a persone alle quali avrei volentieri sparato, e che preferivo un lavoro ad orario più o meno fisso, con uno stipendio sicuro per quanto magro.
Inoltre volevo avere tempo libero per stare con la mia futura (ex) moglie, dato che ci eravamo messi insieme da poco e si sà che il periodo iniziale di una storia d'amore è il più bello.
Lui invece tentò ogni argomento per convincermi a restare, facendomi notare che stavo per sciupare la più grande occasione della mia vita, forse l'unica possibilità che avrei mai avuto di diventare ricco oltre ogni immaginazione, che certa gente avrebbe venduto l'anima (ed altro) per essere al mio posto ma alla fine si arrese e mi congedò dicendomi che ero pazzo.

Restituii la merce, salutai tutti (ossia le due segretarie, dato che tutto il resto della banda era in giro a vendere, imparare e guadagnare), tornai a casa, mangiai il pranzo che la mia futura (ex) moglie mi aveva preparato (in una scatola di plastica, alla maniera giapponese), mi cambiai e poi corsi alla scuola dove lei stava studiando per attenderla all'uscita.
Quando uscì fu veramente sorpresa. Le spiegai che mi ero licenziato ed il perchè. Non so se ne fu contenta, non lo capii, ma tempo dopo mi fece parecchie storie perchè non lavoravo, dicendomi che almeno con la Global Marketing qualcosa facevo invece che ciondolare tutto il giorno. Per fortuna dopo poco tempo trovai un lavoro da cameriere (mentendo sul curriculum , ma questa è un'altra storia) nella sala mensa della BBC World Service (la stazione radio della BBC che trasmette in tutto il mondo) ed il rapporto filò liscio.

Successivamente ebbi alcuni contatti visivi con la Global Marketing, ma roba da poco.
Il capo-cellula, quando seppe che mi ero licenziato tentò di contattarmi telefonicamente ma io non ero in casa.
Capitò per tre volte di vedere in giro i venditori della Global in azione, una volta delle quali notai il capo-ufficio insieme ad una novizia (e mi chiesi che diavolo ci faceva lui in giro invece di starsene in ufficio. Poi mi tornò in mente una voce che avevo sentito prima o dopo un impact, voce secondo la quale quel capo-ufficio era in realtà un capo-cellula che stava sostituendo il vero capo-ufficio che era o in malattia o in vacanza, e capii) ma lui non mi riconobbe.
Mi capitò anche da quella volta di notare sulla porta di alcuni negozi un cartello scritto a mano che avvisava "No door-to-door salesmen" ,ossia "Vietato l'ingresso agli ambulanti" e pensai che forse l'avevano affisso dei negozianti stufi dei continui tentativi di vendite. Sì, perchè come ho già scritto precedentemente, non era una rete organizzata di venditori, ognuno con la sua zona di esclusiva competenza, ma un gruppone di ragazzi i quali decidevano da soli dove e quando operare, di conseguenza era normale, normalissimo che tre o più ambulanti si ritrovassero sulla stessa strada in momenti della giornata differenti. Io stesso durante i 3 giorni da novizio mi sentii dire tantissime volte che era già passato un altro collega precedentemente. E mi capitò pure in zona Camden Town di incontrare un collega, un polacco, il quale mi avvisò che si era appena lavorato tutti i negozi alle sue spalle, consigliandomi di deviare il percorso e che altrettanto avrebbe fatto anche lui. Un'altra volta ricordo un novizio che si lamentava perchè era il suo primo giorno da solo ed aveva incassato solo 4 sterline. Secondo lui il motivo del fallimento era da ricercarsi nel fatto che in quella zona quel giorno era stato preceduto da un altro novizio lì presente. Il capo-cellula gli disse che secondo lui il vero problema non era la concorrenza ma l'incapacità di saper vendere e consigliò di ri-farsi un altro periodo di training.

Concludendo, oggi dopo tanti anni penso che a qualcosa quella breve esperienza sia servita: mi ha fatto capire che non sono tagliato per fare il venditore ambulante a domicilio.
Come ho già scritto, digitando su google il nome della Global Marketing, compare di tutto, di più ma non quella ditta che conoscevo io. Secondo me non esiste più. Penso che sia andata avanti per un po’ e poi sia collassata, un po’ come certe imprese piramidali che si allargano, si allargano e poi falliscono. Se così fosse stato, mi dispiacerebbe per coloro che ci misero parecchio sudore della fronte e parecchio entusiasmo.

Anni dopo, in Giappone, stavo fumando (brutta abitudine, per fortuna che ho smesso nel 2002) fuori da un palazzo nel quale dovevo entrare dopo 5 minuti quando mi si avvicina una ragazza nipponica. Mi chiede se parlo giapponese e mi mostra…una torcia che stava cercando di vendere nella zona. “Noooo!”, penso “Questa ragazza lavora per una ditta come la Global Marketing?”. Per fortuna che quel giorno non avevo soldi con me, sennò mi sarei lasciato intenerire dai ricordi londinesi ed avrei alleggerito il portafogli in cambio di una ciofeca inutile, e quella ragazza ne aveva un borsone pieno.Ricordo poi che lei fece un errore: mi mostrò il prodotto tenendoselo in mano lei invece che darlo in mano a me.

(1) sterline, in inglese.
(2) sterline, in slang inglese

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao, appena scoperto il tuo blog....interessante articolo...anche io sposato con una giapponese ma vivo al sud.....piacere...

Alessio ha detto...

ciao, volevo chiederti una cosa in privato...hai una mail a cui posso scriverti? Grazie