giovedì 27 settembre 2007

20 SETTEMBRE 2007 FROM TONEZZA TO ASIAGO



Giovedì 20 settembre ho fatto un altro viaggio sui siti della prima guerra mondiale e più precisamente in provincia di Vicenza, al sacrario di Tonezza Del Cimone.
Insieme al sacrario di Asiago, a quello del Pasubio ed a quello del Monte Grappa, questo si trova nel simbolo della provincia, una provincia ben martoriata dal conflitto bellico del 1915-1918.

Per arrivarci ho fatto la solita strada: l’autostrada Valdastico, uscendo all’ultima uscita: Piovene Rocchette. Da qua ho seguito le indicazioni del navigatore satellitare e pian piano mi sono avvicinato alla meta. Mentre ancora ero a valle in un bel paesino di nome Arsiero , ho notato sulla cima di un cocuzzolo, una punta di colore diverso dal verde circostante. Sembrava una guglia che usciva dal bosco ed ho pensato che quella avrebbe potuto esser la meta. Ed infatti così fu.


SULLA STRADA PER IL SACRARIO
(CLICCA L’IMMMAGINE PER VEDERE IL VIDEO)


Salendo sempre più su, per una rotabile montana (e passando anche un bel po’ di gallerie), ad un certo punto mi trovo davanti ad un dubbio: il navigatore dice di andare a destra ma un cartello stradale dice a sinistra. Che faccio? Dove vado? Di chi mi fido? Della tecnologia o della segnaletica? Ho deciso di spegnere il navigatore e di fidarmi del cartello. Ho fatto bene. Infatti non so dove il navigatore mi avrebbe portato, ma sicuramente non nella stessa meta seguendo un’altra direzione.
Per arrivare al sacrario si segue una strada asfaltata piena di tornanti che sale sempre più in alto, in mezzo ad un bosco molto verde, solo che… è chiaro che è un bosco giovane, un bosco artificiale, creato dall’uomo nel corso degli anni per re-inverdire i resti di un campo di battaglia.

Nel nel 1916 queste montagne che io salgo con la macchina (invece che a piedi e con uno zaino bello pesante, come i nostri antenati) erano il fronte. Una serie interminabili di trincee scavate nella roccia, che separavano i due eserciti, distanti un colpo di fucile. Una serie di buche e di gallerie che in realtà erano un muro, un muro da sfondare se si voleva avanzare. Ancora oggi, salendo, non si può far a meno di notare che il sottobosco non riesce a nascondere i resti, le ferite di quello che un tempo deve esser stato un autentico inferno in terra: resti di trincee, di camminamenti, di rifugi, di ricoveri e poi ancora buche, enormi buche che paiono piccole bocche di vulcani di tipo vesuviano, non create dagli elementi della natura ma dall’uomo e non con le vanghe ed i picconi ma con le bombe, tante bombe, tante esplosioni. Qui un tempo si sono consumate battaglie sanguinosissime, un po’ come quelle che si vedono in certi film (ad esempio Flags of our fathers) solo che non si trattava di film ma di realtà.

Gli eventi che portarono questo posto oggi calmo e tranquillo a divenir l’inferno che fu sono descritti bene in http://viaggi.ciao.it/Tonezza_del_Cimone__Opinione_551973 insieme ai motivi che portarono la cima di questo monte a cessare per sempre di esistere grazie ad un’immensa esplosione il 23 settembre 1916, alle 5 e 45



NON SOLO ITALIANI MORIRONO QUA

Comunque, dopo essere arrivato al parcheggio e posteggiato la macchina, ho percorso il sentiero per altri 10 minuti, fermandomi ad ammirare anche il monumento dedicato ai volontari della Carinzia lì morti (non dimentichiamo mai che fu il governo italiano a dichiarare la guerra e che le terre interessate erano dentro il confine dell’impero asburgico, ecco perché nel modo di pensare di quei ragazzi noi eravamo gli invasori e loro i difensori della patria) ed infine eccolo là: il sacrario di Tonezza Del Cimone, davanti ai miei occhi.




IL SACRARIO MILITARE DI TONEZZA DEL CIMONE

Si capisce subito che questo sacrario non è come gli altri (almeno non come quelli che ho visitato finora). Gli altri sacrari custodiscono i resti dei soldati noti dentro delle nicchie, recanti ognuna il nome del defunto e gli ignoti in nicchie più grandi, recanti il loro numero. Invece qua non c’è nessuna nicchia, nessun nome, nessun numero. Eppure i caduti ci sono. Sono sotto i miei piedi, sotto metri di terra e rocce. Un tempo qua era diverso. Un tempo c’era una vetta sopra la quale stavano i nostri soldati e sotto la quale gli austro-ungarici scavarono una lunga galleria (i cui resti sono visibili ancora oggi) che poi riempirono di esplosivo e che fecero saltare in aria. I soldati che si trovavano sopra, perirono con la vetta. Se si potesse scavare, forse qualche osso umani potrebbe esser ritrovato, perché secondo me quell’esplosione, non seppellì più di mille soldati: li polverizzò letteralmente.



PACE ALL’ANIMA LORO

Ho girato intorno al sacrario e l’ho filmato, naturalmente in silenzio, per rispettarne la sacralità. Ecco il video:



Poi siccome avevo portato il binocolo, ho dato un’occhiata sia alla Valdastico che all’orizzonte, sperando di vedere il mare, come sul Monte Grappa (Vedi questo sito in data 15 settembre 2007) ma purtroppo c’era foschia e non ho visto niente. Però, girando in tondo, ad un certo punto ho visto una costruzione che conoscevo: il sacrario di Asiago. Sì, sì, era proprio esso, senza ombra di dubbio. Piccolino, in lontananza ma l’arco quadrifronte del sacrario è inconfondibile. Non avevo con me la cartina stradale ma grazie a quel monumento una cosa l’avevo capita: il panorama che vedevo era quello dell’altipiano di Asiago, conosciuto anche come altipiano dei sette comuni che (nemmeno a farlo apposta) era proprio la tappa successiva del viaggio.

Lasciato il sacrario di Tonezza del Cimone, ho rifatto la rotabile dell’andata, sono sceso a valle, e salito per un’altra rotabile. Insomma, il tipo di strada che scoraggia i fans della bicicletta da città. Dopo una ventina di tornanti, eccomi sull’altipiano di Asiago o dei sette comuni. Arrivo ad Asiago e… BUUUM! Che succede? Succede che mi scoppia la gomma anteriore sinistra! Un vaso di fiori messo sul guard-rail probabilmente dai parenti di qualcuno lì morto per incidente stradale si stacca ed io ci passo sopra! Quando si dice la sfortuna!! Insomma, mi fermo (per forza!) e per la prima volta da quando l’ho comprata, cambio la ruota alla macchina. Tutto bene? No, perché sulla ruota di scorta c’è scritto chiaramente: non guidare a più di 80 Km orari. Sì, come no! Io devo tornare a Riccione (più di 300 Km, escludendo la rotabile del ritorno) in serata, figuriamoci se ce la farei! Insomma, chiedo dove si trova un gommista, lo trovo e quello mi dice di tornare un paio di ore dopo che ha già troppo lavoro. Vabbon, vuol dire che nell’attesa visiterò il sacrario militare.




IL SACRARIO (FOTO DEL 2005)

PARTICOLARE DEL PORTONE D’INGRESSO
MI RICORDA QUALCUNO… (FOTO DEL 2005)

Il sacrario militare di Asiago si vede benissimo da lontano (infatti col binocolo l’ho visto dalla cima de un monte non proprio vicino) non solo per la sua altezza ma anche per la sua forma ad arco quadrifronte. Era la seconda volta che ci venivo. La prima volta fu nel 2005. Tra caduti noti ed ignoti, austro-ungarici ed italiani conserva le spoglie di 54.286 soldati della prima guerra mondiale, più tre della seconda.
Insomma, un altro monumento alla stupidità militare. In silenzio (sempre per rispetto del luogo sacro), ho girato questi tre video:


ESTERNO ED INTERNO DEL SACRARIO


INTERNO DEL SACRARIO


IL MUSEO DEL SACRARIO

Avrei poi voluto salire sul terrazzo, ma…era chiuso!


ACCIDENTI!!!!

Sai che gioia: uno fa tanti chilometri e poi è chiuso! Inutile incazzarsi. Visto che non posso salire…ci giro intorno! Ecco qua i due video della camminata attorno al sacrario. Qua siccome sono all’aperto parlo e tanto. (staccate l’audio, se non volete sentir la mia voce. Nemmeno a me piace…).





Torno dal gommista dopo le due ore e…quello mi dice che NON ha una gomma compatibile! Grazie, eh? Dice che la legge italiana vieta due gomme di marca/modello diverso sullo stesso asse, quindi mi consiglia un altro gommista in un paese vicino, un comune di nome Gallio. Che devo fare? Niente: ci vado.
Durante l’andata noto il cartello indicatore del museo all’aperto del monte Zebio. So che fu un vastissimo caposaldo austro-ungarico che gli italiani non riuscirono mai a conquistare (nonostante i sanguinosissimi tentativi) e lo visitai nel 2005. E’ una serie di trincee ben conservate, con esaurienti cartelli indicatori. Nel 2005, mentre camminavo tra le trincee ed ammiravo il panorama da una feritoia per mitragliatrice, mi venne in mente quella tragica scena del film “Uomini contro” di Francesco Rosi, quella dove i soldati italiani avanzanti venivano falciati uno dopo l’altro dalla mitragliatrice e noi spettatori vediamo la scena dal punto di vista del mitragliere (la scena poi continua con i soldati austro-ungarici che implorano gli italiani di tornare indietro, di non morire così).In altre parole, la seguente scena:

UNA GRANDE SCENA DI UN GRANDE FILM

Questo film fu tratto dal libro “un anno sull’altipiano”, di Emilio Lussu, un reduce della prima guerra mondiale. L’altipiano era proprio questo: quello di Asiago. Magari le memorie di Lussu non riguardavano lo Zebio, ma mi piaceva pensarlo.
Comunque il tempo di tornare sullo Zebio non c’era. Se il gommista avesse fatto presto,magari al ritorno ci avrei fatto una capatina. Invece il gommista non fece presto (e meno male che lui una gomma dello stesso modello e marca ce l’aveva!!!) e così al ritorno, prima di lasciare l’altipiano, ho fatto in tempo a fare una passeggiata ad Asiago. Perché in fondo mi ero reso conto di una cosa: pur essendoci già stato due volte in passato, non ne avevo mai visto il centro. La prima volta, come ho già scritto, ho visitato il sacrario, e la seconda volta lo Zebio. Camminando per le vie del centro, ho visto un tipico paese turistico di montagna, e la presenza di alberghi mi diceva che è una meta popolare tra i turisti. Una volta avevo letto che durante il primo conflitto mondiale fu distrutta dal fuoco dell’artiglieria austro-ungarica. Beh, chi la vede adesso non se ne accorgerebbe mai.

Da Asiago parte la strada per arrivare sul monte Ortigara, un altro sito interessante. Sull’Ortigara si è svolta una delle battaglie più sanguinose del nostro esercito: oltre 25mila soldati morti in una settimana, una vetta conquistata e poi ripersa, un monte definito “il calvario degli alpini”. Chissà se riuscirò a visitarlo. Non credo che ce la farò entro quest’anno perché ormai le giornate si stanno accorciando e già comincia a far freschino in pianura, figuriamoci in montagna. Magari potrò tornarci in futuro ma non credo la prossima estate, perché tra tre mesi divento babbo ed avrò altre cose a cui pensare…
Insomma, erano ormai le 19:30, i negozi stavano chiudendo, il sole stava tramontando (purtroppo non siamo più in giugno) e quindi sono rimontato in macchina per tornare a casa.


SOUVENIR DI ASIAGO


Mentre tornavo, ho pensato ad una cosa: come ho scritto all’inizio di questo post, il simbolo della provincia di Vicenza raffigura i quattro sacrari qua edificati:


IL SIMBOLO DI VICENZA, SCARICATO DA WIKIPEDIA


Ora, grazie a questo viaggio, posso farne uno simile col Photoshop:


IL SIMBOLO DI VICENZA NELLA MIA VERSIONE.


Ps: le foto (non solo del 2007 ma anche alcune del 2005) sono come sempre su http://fotoalbum.marcoferri.eu

venerdì 14 settembre 2007

BACK TO MONTE GRAPPA


Giovedì 6 settembre 2007 ho fatto un'altra delle mie gite, su uno dei più famosi siti dove si svolsero alcune delle battaglie più sanguinose della prima guerra mondiale: il MONTE GRAPPA.
C'ero già stato nel 2005 e quindi la strada ormai la sapevo: si passa da Bassano Del Grappa, si arriva a Romano D'Ezzelino (entrambi in provincia di Vicenza), si cerca piazza Cadorna e si prende la via Cadorna (così chiamata in onore del generale che la fece costruire in quanto si accorse che sarebbe stata necessaria per far arrivare armi, munizioni e vettovagliamenti proprio sulla cima del monte, dove sarebbero stati necessari). Dopo più di una ventina di chilometri (passando per una foresta, fermandomi prima in un punto di lancio per parapendio e poi alla colonna commemorativa che segna il massimo punto in cui le armate austro-ungariche giunsero prima di esser respinte ed infine uscendo dalla foresta) lungo colline pieni di prati e di mucche, eccomi arrivato.





DA ROMANO D'EZZELINO A CIMA GRAPPA

Naturalmente, guardando i video come quello di cui sopra, occorre tener presente alcune cose:

-Io non sono capace a riprendere.
-Ho usato una macchina fotografica digitale invece di una video-camera (che tanto non ho), quindi sia la qualità del video che quella dell'audio sono quel che sono.
-Guidando, devo tenere almeno una mano sul volante, quindi per forza l'immagine è spesso (anzi, spessissimo) smossa
-Non ho ancora imparato a togliere certi rumori indesiderati (ad esempio quello del vento)
-Improvvisando i discorsi (non come quelli della TV che glieli scrive qualcuno e poi loro li imparano a memoria o li leggono direttamente fuori campo), spesso sbaglio le frasi, le cifre ed i nomi, per non parlare di quando perdo il filo del discorso. D’altra parte non ho voglia di ripetere le stesse scene più volte fino a raggiungere la perfezione….

Quindi, mi raccomando, abbiate pietà di me e dei miei video, eh?

Una volta giunto in cima e parcheggiato, e dopo aver comprato i souvenir, ecco che scopro che l'ingresso dal lato del sacrario italiano è chiuso per lavori in corso. Poco male, vuol dire che accederò al sacrario dal lato del cimitero austro-ungarico, e così infatti fu.


Come ho scritto sopra, c'ero già stato, quindi la seconda volta non era proprio come la prima che mi sembrava di esplorare un mondo nuovo. Questa volta sapevo cosa avrei trovato e dove l'avrei trovato, quindi non mi sono trattenuto per molto tempo su ogni singolo componente del sacrario (tranne che per far le foto sceme come questa qui:)


AAARRRGGGG!!!!

Però un sacrario è sempre una costruzione che emana un po' di tristezza, se non altro per il sapere che dietro a quelle nicchie, giacciono i resti, le ossa di persone come noi, spesso (troppo spesso) ragazzini non ancora ventenni. Gente che un bel giorno si è vista arrivare la cartolina del precetto, si è vista affidar un fucile, una divisa e si è vista trasportare lontano da casa ad uccidere gente sconosciuta che non gli aveva fatto niente. E per chi protestava o si opponeva non c'erano spiegazioni: c'era il plotone d'esecuzione sempre pronto.




DAL PARCHEGGIO AL CIMITERO AUSTRO-UNGARICO

Come si vede nel secondo video qua sopra, su questi monti non trovarono la morte solo gli italiani, ma anche gli austro-ungarici. Per loro c'è un ossario a parte, proprio vicino al parcheggio. Leggendo i cognomi, si capisce una cosa: che si trattava di ragazzi provenienti anche da molto lontano, dall'Ungheria, dalla Cecoslovacchia, dalla Moldavia ecc. Fecero tanti chilometri per venire a combattere (dal loro punto di vista era "difendere la patria", dato che la dichiarazione di guerra la fece il nostro governo, non il loro) e non tornarono più a casa. Chissà se nel corso degli anni i loro parenti stretti (e/o il loro discendenti) sono venuti fin quassù a rendere omaggio alle loro salme.

IO ED IL CIMITERO AUSTRO-UNGARICO





Dopo il cimitero austro-ungarico, sono salito sull'osservatorio (in cima all'edificio denominato "Portale Roma") a fare qualche foto. Dall'osservatorio si passa per la cosiddetta "Via Sacra", lunga un centinaio di metri, che unisce i due sacrari. Ai lati della via sacra ci sono dei cippi commemorativi che ricordano le battaglie combattute in queste zone.
Alla fine della via, c'è il tempio della Madonna del Monte Grappa. E' una piccola chiesetta funzionante (infatti nel 2005 ricordo che c'era una messa) al cui interno è custodita la statua della Madonna del Grappa, sopravissuta miracolosamente ad un bombardamento durante la prima guerra mondiale. Sulle pareti interne vi sono raffigurate scene della passione di Cristo (un comune denominatore per molti ossari italiani)


IL SACRARIO ITALIANO IN TUTTA LA SUA INTEREZZA


I CADUTI NOTI SONO NELLE NICCHIE PICCOLE. GLI IGNOTI IN QUELLE GRANDI


DAVANTI ALLA TOMBA DEL MARESCIALLO D'ITALIA, GENERALE GAETANO GIARDINO, CHE VOLLE ESSER SEPOLTO INSIEME AI SUOI SOLDATI.


MIO BABBO NEL 1958


Nel tornare indietro, ho notato che la galleria Vittorio Emanuele III era aperta! Due anni fa era chiusa e me la sono persa. Questa volta no. Fatta costruire dal Generale Cadorna, questa galleria radiale (ossia che si divide in altre gallerie) porta alle postazioni dei cannoni e delle mitragliatrici. Una visita è d'obbligo, non solo perchè è una notevole opera di ingegneria civile, ma anche per capire come fece il generale Cadorna a trasformare una semplice vetta in una fortezza inespugnabile. Consiglio per chi volesse visitarla: scarpe comode e torcia al seguito.
All'interno ho fatto alcuni filmati che ho diviso in due video:










Una volta uscito dalla galleria (che non è visitabile in tutta la sua lunghezza ma solo in parte) sono andato a visitare il museo (ingresso libero). Si trova accanto alla caserma Milano
Siccome l'avevo già visitato e fotografato due anni fa, questa volta mi sono limitato a guardarlo. Comunque ecco le foto vecchie:


LA CASERMA MILANO (foto del 2005)

INTERNO DEL MUSEO (foto del 2005)

IL SOLDATO CHE HA INDOSSATO QUESTO ELMO, NON L'HA POTUTO RACCONTARE A NESSUNO (Foto del 2005).

Poi ho dato un'occhiata al documentario visibile all'interno del museo, in un monitor ed ho letto un avviso che diceva che era disponibile in DVD. Naturalmente non potevo perderlo. Anche perchè ormai il museo chiudeva ed io volevo veder tutto il documentario (composto da filmati e foto d’epoca) a casa, seduto sulla poltrona del salotto, magari con una tazza di tè –rigorosamente giapponese- in mano.
Dopo l'ultimo caffè al Rifugio Bassano (quello vicino al parcheggio) e dopo una capatina in bagno, eccomi pronto a riprender la strada di casa.
Prima di partire per sempre, ho voluto fermarmi a Bassano Del Grappa. La mia intenzione era di visitare il tempio-ossario accanto al parcheggio Cadorna –si nota subito che la figura del generale Cadorna è molto ammirata, da queste parti, vero?- ma poi ho visto che gli orari di apertura non coincidevano con i miei (è una vera e propria chiesa, quindi apre per le messe) ed ho fatto una passeggiata fino al ponte, il famoso ponte degli alpini, progettato dal grande architetto Palladio. Già che c’ero, l’ho filmato da parte a parte. Ecco il risultato:





Per arrivare poi a Riccione ci ho messo 3 ore e mezza ma ne è valsa la pena.
Dato che il Monte Grappa non si sposta, che è sempre stato lì e sempre lì sarà, anche quando noi tutti non ci saremo più –inutile toccarsele: è vero!- mentre guidavo ho deciso che un giorno ci tornerò. E forse più di una volta. Ma mai in bicicletta (perché, a differenza del Pasubio, qua c’è una comodissima strada asfaltata!) come invece ho visto della gente fare….
Per finire:
TRE SOUVENIR DEL MONTE GRAPPA

Ps: le foto della giornata (ma anche quelle del 2005) le ho messe come al solito nel fotoalbum all'indirizzo http://fotoalbum.marcoferri.eu/

lunedì 10 settembre 2007

C'ero anche io al Vaffa-day....


Sabato 8 settembre 2007 c'è stato in più di 200 piazze italiane il V-day o Vaffanculo-Day, organizzato da Beppe Grillo.

C'era anche a Rimini. La raccolta delle firme era in Piazza Tre Martiri. Io non avevo mai aggiunto il banner della manifestazione su questo blog perchè non ero sicuro che ce l'avrei fatta ad andarci. Il mio problema è che il sabato è la mia giornata lavorativa più impegnata. All'aeroporto di Rimini, al sabato, ci sono tanti voli in arrivo ed in partenza (la stragrande maggioranza da e per Mosca), che spesso siamo costretti a lavorare dalla mattina presto alla sera tardi.

Venerdì 7 settembre (ossia il giorno prima del Vaffa-Day) il mio orario per il giorno dopo sarebbe stato dalla mattina presto al tardo pomeriggio. Quindi avevo pensato che non sarei arrivato in tempo a firmare perchè prima che fossi arrivato a casa, che mi fossi cambiato e che fossi andato a Rimini, o non ci sarebbe stato più nessuno o avrebbero esaurito i moduli. Poi appena arrivo all'aeroporto mi comunicano che avrei staccato il pomeriggio e che avrei ricominciato la sera, fino a notte fonda. Ecco quindi che ho rimendiato tre ore per andare a firmare.

Lo stand era in piazza Tre Martiri, sotto la torre dell'orologio. Non ho visto una gran ressa di gente, ma nemmeno il deserto più assoluto. C'era un po' di gente che firmava ed andava via, per essere rimpiazzata da altra gente. Insomma un flusso piccolo ma costante. Ho chiesto ad uno degli organizzatori quante firme avevano raccolto e mi ha detto sulle 1300. Ed erano solo le 15:00!

Purtroppo sono dovuto tornare subito a casa e non ho potuto vedere molto. Che posso dire? Spero che sia servito a qualcosa. Ora vedremo.

Intanto ho filmato me stesso mentre firmo (clicca la foto qua sopra per vedere).

giovedì 6 settembre 2007

Due artisti


Mercoledì è morto Gigi Sabani, giovedì Luciano Pavarotti.
Due personaggi famosi arrivati al successo usando la voce. Uno per imitare, l'altro per cantare.
Il motivo per cui vorrei ricordarli, è che io li ho visti entrambi dal vivo, in due occasioni diverse.

Gigi lo vidi che avevo forse 14 anni. Vicino a casa mia esisteva un dancing di nome Sirenella, quell'anno c'era a Riccione un festivalbar e lui ne era ospite. Dopo l'esibizione sul palco di quel programma, venne al Sirenella per uno spettacolo da vivo. Dalla strada adiacente era possibile arrampicarsi sul muro del locale e vedere lo spettacolo. Così fecimo (io e qualche amico). Di quello spettacolo ricordo una battuta: lui che imita sia un presentatore che Celentano. Volta le spalle al pubblico e si china in avanti (mostrandoci il sedere) poi -imitando il presentatore- fa notare a "Celentano" che il pubblico vuole vedere la sua faccia e lui (imitando Celentano) indica il sedere e dice "Eccola!".

Per la generazione di mio babbo, quando si diceva "imitatore" il primo nome che veniva in mente era Alighiero Noschese. Io, quando Noschese si suicidò, ero piccolo, non ho fatto in tempo a conoscerlo. Un paio di anni fa l'ho riscoperto grazie ad uno sopeiale della RAI. Noschese era un abile trasformista. Non si limitava ad imitare la voce, ma si travestiva proprio come i suoi personaggi. Andreotti stesso ha detto -sempre in quello special- che sua mamma gli aveva telefonato incazzata perchè l'aveva visto ballare come uno stupido in TV ed invano Andreotti cercò di farle capire che non era stato lui ma Noschese che lo imitava.

Gigi Sabani invece non si cammuffava. Lui usava la voce e la mimica, per imitare un personaggio famoso. Ricordo le sue imitazioni di Giucas Casella (fu lui ad introdurre il tormentone "Paragnosta, figlio di paragnosta"), di Mike Bongiorno e d Enzo Tortora ("Orrore!"). Insomma, quando ero piccolo, i suoi spettacoli mi piacevano.

Di Pavarotti che posso dire che non è già stato detto e scritto? Io non seguo la musica lirica, ma devo ammettere che Pavarotti non verrà ricordato solo come un grande tenore ma anche come colui che riuscì a tirar fuori la musica lirica dai teatri per portarla nelle piazze e negli stadi. Il suo concerto a Central Park a Londra, sotto la pioggia, è entrato nei libri di storia. Se quando avevo 16 anni, all'epoca in cui la MTV era ancora là da venire e la musica in TV la trasmettevano solo DJ Television e Videomusic, mi avessero detto che i Duran Duran o gli U2 un giorno avrebbero cantato con Pavarotti, avrei riso a crepapelle. Ed invece...

Anche Pavarotti l'ho visto dal vivo. Due anni fa, all'eroporto di Rimini. Io ci lavoravo (e ci lavoro tutt'ora) nel momento in cui arrivò il suo aereo personale. Stavo scaricando le valigie dei passeggeri sul nastro quando un collega mi fece notare il suo aereo. Era lontano da dove mi trovavo io ma riuscii chiaramente a distinguere la sua figura. Aveva subìto un'operazione e non riusciva a camminare. Due aiutanti l'han dovuto sostenere mentre (con molta fatica) scendeva le scale del suo aereo. Poi l'hanno aiutato a farlo salire in macchina. Poi è andato via e non l'ho più visto.

Insomma, a modo loro erano due grandi artisti. Due grandi artisti che ci hanno lasciato.