venerdì 3 agosto 2007

GITA DEL PRIMO MAGGIO 2007 (FAGARE`, VITTORIO VENETO, POCOL, SAPPADA)

(Post copiato ed incollato dal precedente blog, ormai in disuso):

Quest'anno ho pensato di festeggiar il primo maggio, festa dei lavoratori, con un bel viaggietto da un giorno di quelli che faccio spesso, in estate.


L'itinerario previsto


All'inizio avevo progettato un itinerario bello lungo: partire alle 4:00, arrivare a Cortina D'Ampezzo, visitare il sacrario di Pocol, andare a vedere la sorgente del Piave, scendere a Vittorio Veneto e poi tornare a casa. Insomma un viaggetto-studio sui siti della prima guerra mondiale (a volte mi domando: ma se questi luoghi fossero a due passi da casa mia,ne sarei lo stesso così interessato? Mah!). Poi però ho ricevuto pressioni per evitare un viaggio così lungo e stancante. Quindi alla fine ho deciso di cambiare l'ordine delle tappe, in modo da poter fare le giuste pause prima della meta più lontana.


La prima tappa


La prima tappa è stato un sacrario che avevo già visitato due anni fa e del quale ho già parlato in un post precedente dedicato proprio ai sacrari visitati (quello del 5 ottobre 2006): il sacrario militare di Fagarè della Battaglia. Fagarè della Battaglia è una frazione di San Biagio di Callalta, provincia di Treviso, situato proprio a ridosso del Piave. Il nome di questa frazione fa capire che qua si è svolta una battaglia,appunto, quella del solstizio, nel 1918, in cui l'esercito austro-ungarico tentò di sfondare le linee italiane, nella speranza di ripetere quanto effettuato l'anno precedente a Caporetto e di poter in tal modo vincere la guerra. Purtroppo per loro, le cose andarono male per vari motivi, tra cui la carenza di aiuti militari tedeschi (che invece avevano a Caporetto), il fatto che il generale Diaz aveva saputo che l'attacco ci sarebbe stato e che quindi predispose l'esercito alla difesa, il fatto che le piogge portarono il Piave a gonfiarsi rendendo difficili gli attraversamenti ecc. Insomma la battaglia del solstizio non portò agli austro-ungarici gli effetti sperati e da lì a poco furono gli italiani a sfondare a Vittorio Veneto.


Il sacrario visto dal parcheggio (io in foto non riesco a sorridere, sorry!)


Tornando al sacrario, esso sorge ad un paio di chilometri dal Piave, è stato il primo sacrario ad esser stato realizzato (1919, ma fu inaugurato nel 1933),conserva le salme di 5191 soldati noti e di 5350 soldati ignoti. Conserva anche la salma di un amico personale del grande scrittore Ernest Hemingway (che durante la Grande Guerra era volontario proprio in Italia e che scrisse riguardo a questa sua esperienza il libro "Addio alle Armi") che si chiamava Edward McKey. Hemingway scrisse una poesia in ricordo del suo amico e nel sacrario si può leggerla sia in lingua originale che tradotta in italiano in quanto scolpita in una targa di ferro.


La poesia di Hemingway dedicata a Edward McKey


Ma il sacrario (Sì, lo so che che sto ri-scrivendo quanto scritto nel post del 5 ottobre 2006, chiedo perdono) è famoso anche per i resti di due famosi muri, quelli dove durante la battaglia del solstizio qualcuno scrisse le frasi E' MEGLIO VIVERE UN GIORNO DA LEONE CHE CENT'ANNI DA PECORA e TUTTI EROI! O IL PIAVE O TUTTI ACCOPPATI! Adesso quelle case sono state ricostruite, ma quei frammenti di muro sono conservati dietro delle teche di vetro. Verso la fine del film "La Grande Guerra" di Mario Monicelli, con Vittorio Gassmann, Alberto sordi e Silvana Mangano, c'è una scena in cui un soldato dipinge la seconda frase sul muro di una casa. Poi dopo qualche minuto si vede questa casa colpita dai bombardamenti con la stessa forma di quella nella foto storica. Però (anche se non ricordo bene) mi pare che questa parte del film si svolgesse in una città diversa...

Com'era nel 1918....

...e quanto ne rimane nel 2007!

Famoso muro nel 1918...
...e parte dello stesso nel 2007 (Notare i buchi causati dalle bombe)!

E poi naturalmente, come ogni sacrario che si rispetti, ci sono scolpite frasi patriotiche, incitamenti a sacrificarsi per la patria ed il famoso proclama di Armando Diaz che si studia a scuola. Tra le differenze tra questo sacrario e gli altri che ho visitato fin'ora (incluso quello di Pocol che visiterò più tardi), a parte la struttura architettonica (e qua aggiungo che non ce ne sono due uguali) ci sono due grossi marmi recanti scolpite le cartine geografiche della prima (13 novembre-30 dicembre 1917) e della seconda (14-24 giugno 1918) battaglia del Piave nonchè la scritta IL PIAVE MORMORO' NON PASSA LO STRANIERO ben visibile fin dall'ingresso. Bello anche il mosaico nella lunetta della navata centrale, raffigurante Cristo che sorregge un soldato agonizzante coperto dalla bandiera italiana, tra i fili spinati della guerra.
Pace all'anima loro...
...ed anche alla loro!
Come ho già scritto, questo sacrario l'avevo già visitato ed infatti ci sono tornato non solo per rivederlo ma anche come luogo dove fare una pausa durante il tragitto. Finita la pausa, eccomi pronto per la prossima meta: Vittorio Veneto.
Esterno del museo della battaglia a Vittorio Veneto (Seconda tappa)
Vittorio Veneto (d'ora in poi la chiamerò V.V.) è molto famosa. Mi sa che non esista in tutta Italia una città od un paese che non le abbia dedicato almeno una via, una piazza, un corso. Persino la famosissima via Veneto di Roma, è dedicata a questa cittadina (e non alla regione, come invece credevo io un tempo). Il perchè è su tutti i libri di storia: è il luogo dove nel 1918 i soldati italiani riuscirono a sfondare il fronte, costringendo lo stato maggiore austro-ungarico a chiedere l'armistizio. Essendo quindi un luogo di tale importanza per chi è appassionato del primo conflitto mondiale (come me, appunto), non potevo non visitarlo almeno una volta. Anzi, direi proprio che erano anni che volevo andarci.Prima di visitarlo pensavo naturalmente che sarebbe stato un paese ricostruito, che di segni della grande guerra, al di là dei nomi delle vie e dei monumenti, non ne avrebbe avuti un gran chè ed infatti così è stato ma...mi aspettavo un pochino di più per quanto riguarda il museo!
Il biglietto del museo
Di musei dedicati alla grande guerra ce ne sono molti sparsi lungo tutto l'ex fronte, di varia grandezza (da quelli immensi come a Rovereto alle piccole collezioni private ma aperte a chiunque lo richieda -magari per telefono- il giorno prima) e per tutte le tasche (c'è una collezione privata in un bar/hotel a San Giovanni Colli Alti -vicino al Monte Grappa- che si può vedere con il prezzo di un caffè...) ma io pensavo che quello di V.V. sarebbe stato un po' diverso. Diverso non tanto per i cimeli in esso conservati (dopotutto non si tratta di opere d'arte fatte a mano ma di manufatti bellici usciti dalle fabbriche e di conseguenza tutti uguali, sia che fossero stati usati sull'Adamello che se fossero stati usati a Caporetto), nè per la grandezza del museo, ma almeno come mostra fotografico-documentaristica per far capire ai visitatori come effettivamente si è svolta l'ultima battaglia, e per quali motivi è riuscita quando tante altre invece si erano risolte in inutili stragi. Invece niente. C'erano sì le bombe, le granate, i fucili, le mitragliatrici, gli elmi, le divise ecc. ma le stesse cose ci sono anche in altri musei. C'erano anche molte fotografie e lettere scritte dai soldati, ma anche queste non erano poi rare, quella volta. Io mi aspettavo un qualcosa di simile a quello che ho visto al museo della grande guerra di Caporetto/Kobarid, in Slovenia: riproduzioni in scala dei monti circostanti con le operazioni militari segnate con righe colorate, cartine geografiche con tanto di freccine per far capire come si mossero gli eserciti, indicazioni su come raggiungere a piedi o in macchina tali trincee per ammirare quanto ne è rimasto. Invece... C'era sì una sala con tante sedie ed un monitor, ma era spento ergo era come se non ci fosse. Al museo di Caporetto/Kobarid, in contrasto, c'era un mini cinema dotato di di un mega-schermo e la proiezione è in 4 lingue -tra cui l'italiano- e la fanno anche solo per uno spettatore.
Una stanza del museo
Insomma, se proprio devo consigliare qualche museo, direi di lasciare questo per ultimo e di cominciare invece con quello di Rovereto (molto più grande e molto più fornito). Naturalmente tengo a precisare che, essendo stato lo scopo della mia visita a V.V. quello di visitare il museo, e' chiaro che una volta uscitone non avevo più interesse a restare. In futuro potrei benissimo tornarci per visitare altre attrazzioni della città, incluse le trincee che sicuramente ancora ci saranno e magari il punto dello sfondamento.Una volta tornato alla macchina, ho lasciato V.V. per la terza meta: il sacrario militare di Pocol.
Terza tappa
Il sacrario militare di Pocol si trova a Pocol, a pochi chilometri da Cortina D'Ampezzo, in provincia di Belluno. Lungo la strada per arrivarci si passa vicino alla diga del Vajont, quella che il 9 ottobre 1963 causò la morte di più di 2000 persone.La si intravede dalla strada.Arrivato a Cortina, ho notato il sacrario che stavo cercando, anche se devo confessare che lì per lì l'ho scambiato per una di quelle costruzioni dell'ENEL, quelle a base quadrata, alte alcuni metri, da cui partono dei fili. La colpa è stata della vegetazione che nasconde la base del sacrario. Esso infatti è costituito da una torre quadrata alta 48 metri (la parte visibile da lontano) la quale appoggia su un basamento a due piani (la parte coperta dalla vegetazione).
Eccolo alle mie spalle
Una volta arrivato all'ingresso...sorpresa: è chiuso per festa nazionale (primo maggio)! C'è il numero di cellulare del custode. Lo chiamo e mi dice " Eh...sa...anche noi dobbiamo far festa..." (Ma allora perchè il sacrario di Fagarè Della Battaglia era aperto? Misteri!). Per fortuna ad essere chiuso era solo il portone del sacrario. Il cancello del giardino esterno invece era aperto ed ho potuto accedervi. Meglio che niente...
Uno dei bassorilievi presenti
Non potendo visitarne l'interno, mi sono sfogato a fotografarne l'esterno. In particolar modo sono rimasto colpito dalla presenza di una fontana (anzi: dei resti di una fontana) con un leone di San Marco di pietra (un tempo si trovava in una piazza di Cortina) e da una chiesetta costruita dagli alpini nel 1916 come cappella del vecchio cimitero di guerra esistente prima del sacrario. La gradinata d'accesso è scavata nella roccia sulle cui pareti laterali è affissa una serie di bassorilievi in marmo raffiguranti la via Crucis (una cosa simile si vede anche lungo la stradina in salita che conduce al sacrario militare di Caporetto/Kobarid, in Slovenia). Magari dalla strada sembra appunto (come ho già scritto) una centralina dell'ENEL, ma una volta visto da vicino, il sacrario si mostra in tutta la sua imponenza. Non potevano mancare i cartelli ammonitori per i visitatori ai quali è richiesto il rispetto del luogo in cui si trovano in quanto è una zona sacra e la presenza di cannoni e bombe (disinnescate, ovviamente) disposti in maniera ornamentale.
Meno male che sono stati disinnescati...
Mi è dispiaciuto non esser riuscito a vedere/fotografare l'interno del sacrario (solo qualche foto scattata dalle vetri delle finestre), ma dato che Cortina D'Ampezzo è una nota località turistica invernale (ma anche estiva, giudicando dalla presenza dei turisti che ho notato), non credo che in futuro mancheranno le occasioni di tornarci. E la prossima volta cercherò di fare una visita completa.
Peccato che questo portone fosse chiuso....
Dopo il sacrario militare, avrei voluto visitare altre due località, la prima delle quali era il lago di Misurina. Come molta gente, anche io ne conoscevo l'esistenza in quanto è il titolo di una vecchia canzone di Claudio Baglioni ed anche per averne vista una piccolissima riproduzione a Italia In Miniatura, il parco tematico a Viserba di Rimini. Pensavo che, dato che era lungo la strada per la meta finale del giorno, avrei potuto fermarmi per una mezz'oretta. Invece ha cominciato a piovere (ma di brutto) ed allora ho deciso di tirare dritto all'incrocio per il lago e di recarmi alla meta finale: le sorgenti del Piave.
Ultima foto prima di lasciare Cortina
Il Piave, questo fiume che i cartelli indicatori -tranne quelli sull'autostrada- definiscono "sacro alla patria" (non ci credete? Provate ad attraversarlo a Ponte Di Piave, per esempio), è insieme all'Isonzo, il nome fluviale in cui chiunque studi la storia della grande guerra, finisce inevitabilmente per incappare. E non solo gli studiosi o gli interessati, dato che lo si studia a scuola. Il ruolo svolto cone ostacolo difensivo nell'Italia del dopo Caporetto lo resero famoso. Se le sue acque -grazie alle pioggie- non si fossero gonfiate durante la battaglia del solstizio (1918), forse l'esercito austro-ungarico avrebbe potuto sfondare definitivamente il fronte italiano. Insomma, il Piave nel bene o nel male ha svolto un ruolo fondamentale nella nostra storia, ma una domanda me la chiedevo da tempo: dove nasce il Piave?
Lungo la strada per Sappada.
Esso nasce in Veneto, a nord, al confine con l'Austria, nel territorio comunale di un paesino di nome Sappada (anche esso una rinomata località turistica), in mezzo ai monti. Per arrivarci si seguono una serie di cartelli e di strade strette con un bel po' di tornanti. Già a pochi chilometri dalla sorgente la sua larghezza è notevole e ciò è dovuto ai suoi affluenti, che sono numerosi già appena "nato". Man mano che ci si avvicina,però, i suoi affluenti si fanno radi, la sua larghezza diminuisce e da fiume, diventa fiumicello, rio, rigagnolo ed infine un mini-laghetto del diametro di 2 metri circa: siamo arrivati!
Eccomi arrivato (quarta ed ultima tappa)
La sorgente (o "Le sorgenti" come dicono i cartelli) è marcata da un cippo dell'altezza di due metri e mezzo, costruito in pietre e cemento ed alla cui sommità si trova un grande elmo da soldato della grande guerra, oltre naturalmente alla presenza della targa indicatrice. Come dicevo, la sorgente sembra un laghetto il cui perimetro è arginato da un muretto di pietre. Dopo il laghetto si trova un ponticello di legno il cui scopo concludo essere la possibilità di scattar belle fotografie (chi è capace, non io.) dato che per passare da un lato all'altro della sorgente basterebbe camminare 4 o 5 metri. E da lì il fiume sacro alla patria, quello che il 24 maggio mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti, quello che mormorò "Non passa lo straniero", comincia il suo lungo cammino (Per sfociare 220 chilometri dopo nell'Adriatico presso Cortellazzo, in provincia di Venezia). Le sue dimensioni in quel punto? Una ventina di centimetri di larghezza!
Il primo ponte sul Piave
La sorgente vista dal primo ponte
I primi metri di vita del Piave (sempre dal ponte)

Più chiaro di così....
Il tempo era tiranno e schifoso (nuvoloso, pioggia a tratti e freddo, dopotutto siamo in alta montagna, sulle pendici meridionali del Monte Peralba, a 2.037 metri sul livello del mare), quindi ho scattato un po' di foto e poi sono partito.
Per ottenere questa foto, ne ho scattate 5 (con l'autoscatto) e poi a casa le ho unite col Photoshop... Si vede meglio alla pagina http://fotoalbum.marcoferri.eu/
Sarei magari rimasto di più, ma il rifugio vicino era chiuso (avrei bevuto volentieri una cioccolata calda...) e quindi non mi sono attardato inutilmente.Non avendo scattato foto al fiume lungo la risalita (non conoscendo la strada, preferivo guardarla invece che distrarmi fotografando), ne ho scattata alcune durante la discesa fino a fotografare un mulino oltre il quale il Piave scende a cascata. Poi ho solo guidato (anche perchè i tornanti sono molti e pericolosi).
Ultima foto scattata al Piave
Solo a Sappada (Sàppada? Sappàda?) mi sono fermato a comprare una palla di vetro, come ricordo del luogo e della giornata. Alle 17:30 sono partito, alle 22:30 sono arrivato. Un bel giro massacrante. Però sono contento di averlo fatto (anche se spero di non farne più di così stancanti...)
Souvenir di Sappada
Tutte le foto della giornata sono su http://fotoalbum.marcoferri.eu/
Buona visione a tutti.
Ps: ho anche fatto un filmatino della sorgente del Piave:
CLICCA LA FOTO E GUARDA IL VIDEO (dura solo 13 secondi)
PPS: Un grazie particolare agli amici di http://www.cimeetrincee.it/ senza le cui informazioni non sarei mai riuscito a fare questo viaggio.

1 commento:

Alberto ha detto...

Manca il Redipuglia!